La millenaria attività dell’uomo coltivatore ha inciso fortemente sul territorio italiano. La varietà dei paesaggi esprime le diversità non solo naturali delle varie aree geografiche, ma anche dei patrimoni colturali e culturali delle popolazioni, il saper fare, il modo di vivere e di lavorare. L’intensità di lavoro, la fatica quotidiana hanno permesso di modellare la terra, di plasmare le colture, di adeguare le condizioni di clima, orografia, pedologia all’esigenza di trarre i beni indispensabili per il sostentamento per la vita di tutti i giorni.
Boriani definisce il contadino “il primo architetto del paesaggio”, infatti solo la continua collaborazione tra uomo e natura, traducibile in una regolare aggiunta di lavoro all’ambiente abitato, può garantire riproducibilità e miglioramento della produzione agraria. In molti di questi paesaggi “addomesticati” dall’uomo si legge la storia degli alberi da frutto (e il melo è uno dei protagonisti) da sempre considerati nel loro duplice aspetto di “utile e bello” e, secondo Socrate, “è bello ciò che è adatto allo scopo”.
Una melicoltura ecocompatibile, gestita con tecniche a basso impatto ambientale, con modelli di comportamento in rapporto sinergico con la natura, con la crescente consapevolezza delle limitazioni delle risorse naturali, vale a dire dei fattori produttivi (acqua, terra, energia...) e di quelli di benessere sociale, è un traguardo ambizioso per coniugare paesaggio e salute, qualità dei raccolti e tradizioni.
E la melicoltura italiana, in questo contesto, rappresenta un esempio proprio da seguire.
Tutto su storia e paesaggio melicolo italiano nel volume “il melo” della collana Coltura & Cultura.
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